QUANDO ORIGLIA IL CARO ESTINTO
appunti di viaggio di Pio Salvatore Basso
addì Sabato 3 Giugno, A.D.
2006
All'inizio è poco più che un
sibilo appena percettibile, un zzzzzzz indistinto e confuso, poi man mano che
passa il tempo è sempre più chiaro e intelligibile. Stiamo parlando di quello
che accade ad un ascoltatore un po' particolare, il cui udito drizza le antenne
da un inedito punto di vista, e cioè dall'interno di un osservatorio che
qualcuno ha eufemisticamente definito "vestito di legno", uno di quegli abiti
che nella vita si indossano una sola volta. Ammesso che possa dirsi che esso
possa essere stato indossato durante la vita!
"Dimmi quando morirai, dimmi
quando quando quando… dalla bara ascolterai tutto quello che vorrai…".
In fondo che cosa c'è di più
rumoroso e chiassoso di un funerale? La classica formula del "requiescat in
pacem" trova, infatti, notevoli difficoltà di ambientamento a Mortarello. I
primi brusii, che in quanto tali, accompagnano sommessamente l'esposizione della
salma all'omaggio degli amici e dei conoscenti, lasciano il posto ad un lieve
cicaleccio che contraddistingue il corteo durante il… trasferimento nella
parrocchia di pertinenza, dove viene officiata la cerimonia funebre.
È proprio durante il triste
percorso che il caro estinto incomincia ad abituarsi all'idea del fatale destino
e a rendersi conto che può sfruttare, da ora in poi, altre inedite possibilità
extrasensoriali non concesse ai comuni mortali. Se poi siamo di fronte a
qualcuno che, per sua sfortuna, ha dovuto soffrire, prima della triste
dipartita, un isolamento pressoché totale per via delle sue malconcie condizioni
fisiche, gli sarà ancora più facile apprezzare gli infiniti orizzonti che gli si
dispiegheranno davanti. Già nel tragitto dalla casa alla chiesa infatti, quelle
che nel letto di morte si erano rivelate delle esili percezioni si trasformano
in indubbie manifestazioni uditive e visive, che si dispiegano in tutta la loro
fenomenale chiarezza allorché viene affrontata la tappa che conduce al cimitero.
E d'altronde come potrebbe
rifiutarsi, quella povera salma, di accettare la mole di informazioni che gli
vengono catapultate in pochi minuti con la stessa violenza di uno sciame di api
ronzanti? Pettegolezzi, rivelazioni, segreti, illazioni, barzellette, commenti,
battute da osteria, tutti accompagnati dallo scalpiccìo univoco e costante dei
partecipanti che avanzano ritmicamente, fermandosi ogni tanto, con regolare
cadenza, per riprendere la rincorsa. Così, mentre dietro la bara i parenti più
stretti consumano le ultime lacrime e i portatori si spezzano le spalle
alternandosi nel loro triste compito, nelle altre file vengono sviscerati gli
argomenti più disparati, al riparo di spessi occhiali scuri che poco si intonano
con certe grigie giornate autunnali battute da un vento freddo ed implacabile.
Ma tant'è!
Non è forse più interessante
parlare delle ultime magagne dell'Amministrazione Municipale? O dell'ingegnere
Tizio (è il solito geometra che a Mortarello, da tempo immemorabile, viene
gratificato dal popolino dell'investitura honoris causa), che non si vergogna di
dare… disinteressata ospitalità a qualche ragazza bisognosa dell'est europeo?
"Che dici", chiede la comare all'amica, "ho solo quarant'anni, posso scoprire
anch'io l'ombelico come mia figlia?". "Devi venire a vedere il mio salotto, il
mobile attrezzato è una meraviglia", dice un'altra. Un gruppo di buontemponi,
con il cordoglio del caso, si racconta una storiellina pepata, "quella della
hostess dell'Alitalia", mentre alcuni vengono distratti, passando sotto una
anonima palazzina, dalle gambe di una casalinga che osserva il feretro dal
balcone.
Il defunto nel frattempo origlia,
ascolta, si informa. Tutte quelle notizie e quelle novità gli rendono meno amaro
il trapasso. Si sente toccato dal miracolo della conoscenza. Per lui non ci sono
più misteri. Saperlo prima che quella casa si vendeva ad un prezzo così basso o
che la Stellina di cui era innamorato aveva un debole per lui (costretto a
sposare una donna che non amava per un semplice tornaconto economico). E poi chi
l'avrebbe detto che la schedina di quel fatidico giorno di febbraio avrebbe
dovuto giocarla un anno dopo!
Il nostro caro estinto,
improvvisamente, si sente un po' spaesato per tutte le occasioni perdute, ha un
attimo di smarrimento, la luce che circonda la sua anima si affievolisce per un
attimo. "Sarebbe bello rinascere per non cadere negli stessi errori", pensa. Ma
le grida dei più intimi nel momento del congedo lo riportano alla realtà. Vede
la processione di tutti i convenuti che tributano l'ultimo abbraccio
consolatorio ai suoi figli, alla moglie, ai fratelli. Poi capisce che è
veramente finita. Gli restano un ultimo rimpianto e un filo di tristezza,
dettati dalla consapevolezza di non essere mai stato al centro delle discussioni
dei partecipanti al triste evento. D'altronde la casistica al riguardo parla
chiaro, con le uniche eccezioni costituite da morte violenta, in tenera età o
per qualche brutta e innominabile malattia.
La gente ritorna alle proprie case
ed alle proprie occupazioni, ma c'è ancora tempo per un ultimo quarto d'ora di
commenti di varia natura, senza l'assillo di seguire alcuna lugubre sfilata.
Così, mentre il "de cuius" abbandona l'atmosfera terrestre per intraprendere il
suo eterno viaggio, il solito addetto, davanti all'obitorio, impreca con
sconcertante puntualità la sua usuale litania: "mi lassàrunu sulu macari 'sta
vota, 'sti curnuti!". |