MILITELLO è come il... titanic per colpa di una classe mercantile e rozza

di Lucio Gambera

Domenica 4 Dicembre 2005

L'intervista A GIUSEPPE POLLINA, ESPONENTE LOCALE DEI DS e già VICESINDACO DI MILITELLO

La crisi socio-economica del paese, la scarsa incisività del Comune, l'appello al rinnovamento politico: Giuseppe Pollina, esponente locale dei Ds ed ex vicesindaco di Militello, riapre il dibattito sui disagi della comunità e sulle prospettive di rilancio locale. Dopo due anni e mezzo di legislatura municipale, secondo il rappresentante della Sinistra, «la classe amministrativa ha mostrato tutti i suoi limiti. Le scorciatoie furbe e le pacche sulle spalle, alla fine, non aiutano nemmeno i più audaci avventurieri…».

- Dopo le promesse del Centrodestra, quale stagione dovranno attendersi i militellesi?

«I prossimi due anni annunciano uno dei passaggi più difficili della nostra storia. Sembrano delinearsi due sole strade: quella dello sviluppo oppure il ripiegamento verso la stagnazione. Ma non è più il momento delle attese e delle speranze. Il protagonismo istrionico della Casa delle libertà, magari a volte un po' buffo e simpatico, si è fermato ai primi ostacoli. Il paese è come il… Titanic. Naviga dritto verso la deriva. Si vede già lo sfascio: la maggioranza è impotente perché non ha idee e progetti di sviluppo».

- Cosa servirebbe all'intera cittadinanza, dunque, per invertire l'attuale trend negativo?

«Occorrono modelli di sviluppo organico, competenze specifiche, politiche culturali e della formazione. Ai quartieri non devono essere solo date declaratorie dell'Unesco. La politica e le istituzioni devono uscire dalla transazione. L'etica e il senso civico dovrebbero affermarsi tra la gente e per la gente. Ma si tratta di un'impresa assai difficile, se non quasi impossibile. Almeno in questa fase storica. Senza cultura di governo al Municipio, purtroppo, non si ottiene alcun risultato».

- Oltre agli strumenti e ai presupposti, in base al suo giudizio, mancano pure gli uomini?

«Solo una classe dirigente preparata, capace di confrontarsi con un linguaggio chiaro e con l'ausilio di valori comuni, in grado di rispettare le leggi e le regole, può impegnarsi in una missione proficua per Militello. Ma la verità è un'altra… L'attuale parentesi è segnata da una classe dirigente rozza e mercantile, in perfetta linea con lo stile berlusconiano, che ha inciso negativamente sugli ultimi anni. Si è creato, purtroppo, un vuoto pericoloso tra il Palazzo e la società civile. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti».

- In tanti parlano di scarso dialogo: c'è il pericolo di una politica oscura e autoreferenziale?

«Al Municipio servono altre energie e dirigenti di nuovo livello. Tutti dovrebbero mettersi in discussione. Dalla Giunta al Consiglio comunale occorre un'analisi coraggiosa e forse anche impietosa sullo stato di Militello. Prevalgono, invece, sterili e personali celebrazioni di politici. Anche il Centrosinistra dovrebbe cambiare atteggiamento, individuando un percorso differente in seno al civico consesso. Ma spesso prevalgono incomprensioni e rancori personali, oltre a interessi di diversa natura».

- I partiti accusano una crisi acuta. Perché cresce la disaffezione della gente dalla politica?

«Il distacco è il sintomo palese di una perdita di consenso, oltre che di credibilità. Non ci sono nemmeno messaggi di fiducia e speranza da parte di chi governa. Il Centrodestra, dopo il successo elettorale, si è sottratta al dovere di progettare il futuro del paese. Nessuno interpreta l'esigenza di rilanciare i valori importanti e condivisi. Cresce così il declino e la miopia di chi dovrebbe intervenire con azioni proficue. Chi sperava nella svolta istituzionale, dopo tanti proclami, purtroppo è rimasto deluso».

- Iter complessi, servizi inefficienti, politici mediocri: esistono anche colpe di privati?

«La realtà passa pure da una modesta cultura civica. Non esistono apprezzamenti per i meriti e per le capacità di chi potrebbe investire sul territorio, rinunciando anche a benefici immediati. In questa terra ci sono troppi sacerdoti tristi. Donne e uomini brillanti, soggetti capaci di assumere una guida trasparente e legata a scopi comuni, restano invece ai margini di ogni processo di riscatto. Nei partiti, nei sindacati, nelle imprese e nella pubblica amministrazione dovrebbe prevalere questo nuovo spirito. Finora manca il valore aggiunto di un paese che funziona in modo competitivo e integrato».

- La democrazia partecipata è una chimera. Perché la politica pensa spesso solo all'effimero?

«Per troppo tempo è prevalsa la rincorsa al feticcio dell'immagine. Chi guida la città e chi si candida a governarla, invece, dovrebbe rendersi conto che l'apparire è solo una delle molteplici funzioni della pubblica responsabilità. Linguaggi e atteggiamenti dovranno tornare ad essere tarati su un agire operoso e concreto. Serve gente che conosca i problemi, li studi nei dettagli e sappia risolverli. Non bisogna dimenticare, infatti, che risorse insperate e spesso nascoste si muovono. Ceti colti ed informati si scambiano opinioni, maturando posizioni insospettabili. Con questa porzione del paese, bisognerà fare i conti. Non ho dubbi: i militellesi saranno giudici implacabili verso chi li ha amministrati».

 

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