IL "MONDO" DI JIMMY FONTANA

di Alfonso Magno

Sabato 12 Ottobre 2002

JIMMY FONTANA, UN JAZZISTA "PRESTATO" ALLA MUSICA LEGGERA

- Perché "Jimmy" Fontana"?

«Quando ho iniziato la mia attività artistica erano tempi, gli anni '60, in cui occorreva avere un nome che potesse suonare bene soprattutto all'estero, ad esempio in Francia, in Germania... Il mio vero cognome è un po' strano! Non andava assolutamente bene; forse oggi... Il nome d'arte è nato in un modo alquanto banale: sfogliando l'elenco telefonico! "Fontana" mi piaceva, a cui ho aggiunto "Jimmy"».

- Allora il successo passa anche attraverso un nome?

«Assolutamente no! Il nome è un fatto formale; è qualcosa che può aiutare la gente, il pubblico, a ricordarlo. Dietro c'è molto altro!».

- "Il mondo" è stata giudicata, dalla critica internazionale, una delle più belle canzoni degli ultimi 50 anni. In Italia forse non è stato così. Perché?

«Non condivido questa tua affermazione, anche se mi inorgoglisce. "Il mondo" ha funzionato tanto in Italia quanto all'estero. Pensa che il grande Mimmo Modugno una volta mi disse che la mia è la più bella canzone del dopoguerra. Io sono rimasto incredibilmente sorpreso... Gli ho detto: 'ma allora Volare?'... Lui mi ha risposto che "Volare" ha avuto come trampolino il Festival di Sanremo, mentre la mia canzone no!».

- Sei riuscito a non "dormire" sugli allori di un grande successo. Mi viene in mente la famosissima "Feeling". Tutti la conoscono, ma pochi sanno che la cantava Maurice Albert. Qual è il segreto?

«Accidenti che accostamento! Feeling è qualcosa di unico a livello planetario! Il segreto è riuscire ad esprimere sempre quello che si ha dentro».

- Com'è cambiata la musica leggera italiana dai tuoi esordi ad oggi?

«Tanto! Secondo me ha perso di originalità. Negli anni '60 le nostre canzoni erano davvero famose nel mondo, tanto che gli americani ne facevano molte cover. Ora la cosa si è ribaltata. Il mercato anglosassone non ha più accettato brani italiani».

- Jimmi Fontana cantante ed autore. Qual è il ruolo più difficile?

«Sono tutt'e due facili e nel contempo difficili. Prima io cantavo, ma non scrivevo. Ero un bravissimo cantante Jazz. Il mio "mondo" è il jazz! Il grande Ennio Morricone (che ha arrangiato "Il mondo", n.d.a.) mi ha portato in RCA e Gianni Meccia mi ha posto un singolare aut-aut: 'devi scrivere canzoni; o scrivi, o smetti'».

- Il jazz è la tua grande passione, quindi. Però col jazz, in Italia, non si sfonda... Arbore a parte...

«Arbore fa un jazz molto particolare. Il mio jazz è di tutt'altro livello. È sicuramente un ambito musicale di nicchia. Una volta col jazz, in Italia, non si viveva; oggi per fortuna si. Pensa che dopo i jazzisti americani, a livello mondiale, vengono quelli italiani».

- I tuoi figli hanno intrapreso la carriera musicale. Come vedi questa scelta? Hai dato loro qualche consiglio?

«Per un padre è molto difficile riuscire a dare consigli ai figli... Sicuramente oggi non è facile arrivare al successo. Luigi, il grande, scrive commedie musicali... un ambito difficilissimo... Il consiglio più prezioso che ho dato loro è quello di andarci con i piedi di piombo».

- Con chi ti piacerebbe duettare?

«Con persone... musicali. Uno su tutti? Lucio Dalla (che guarda caso ha anche lui una radice jazz, n.d.a.)».

- Cosa c'è nel futuro di Jimmi Fontana?

«È difficile dirlo. Stiamo rilanciando un'operazione di qualche anno fa: i "Super 4", ovvero io, Nico Fidenco, Riccardo Del Turco e Gianni Meccia. Ci stiamo ricompattando. Siamo quattro amici che si sono ritrovati e che hanno gli stessi gusti musicali».

 

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