Insofferente,
già da adolescente, al ristretto ambiente socio-culturale e familiare, a 14
anni "fugge" Militello recandosi dapprima presso parenti a Torino e
poi, spinto da una "misteriosa inquietudine", ad Aosta, a Milano e a
Parigi, dove "incontra" l'arte e ad essa consacra la sua esistenza.
Ma
neanche Parigi riesce a trattenere il giovane Cannata: nel 1966 si reca a
Basilea, in Svizzera, e dopo un breve periodo di lavoro ritorna in Italia. Nel
1967 è a Roma, dove si iscrive in una scuola d'arte. Nonostante gravi
difficoltà economiche (vive d'espedienti, non avendo un lavoro fisso), riesce a
frequentare i corsi.
Ma
i rapporti conflittuali con l'ambiente accademico lo inducono, dopo tre
anni, a lasciare definitivamente la scuola. Si dedica "anima e
corpo" all'arte, a cui sacrifica "cibo e sonno" (i pochi soldi
che raccatta li spende per comprare tele e colori), vivendo, nel contempo,
intensamente lo "spirito sessantottino" delle avanguardie artistiche e
letterarie della Capitale.
Tale
attività frenetica finisce per incidere negativamente sulla sua salute
psico-fisica, per cui alla fine del 1971 e costretto, suo malgrado, a far
ritorno a Militello. Qui da trent'anni continua ed approfondisce il suo
originale discorso artistico, conseguendo apprezzamenti critici dai più
eminenti esponenti della cultura italiana ed internazionale: Dario Bellezza,
Gesualdo Bufalino, Ibrahim Kodra, Ernesto Treccan, Giulio Carlo Argan e molti
altri ancora. In occasione dell'inserimento di Militello nell'Unesco, il Maestro
ha ottenuto il riconoscimento da parte del Commissario Unesco, Ray Bondin.
Dal
1985, anno dell'inaugurazione, Antonio Cannata ha aperto in Militello una
"Casa Museo" visitata da importanti rappresentanti del mondo politico
e culturale italiano ed internazionale.
Nato a Militello il 12
ottobre del 1945 da una famiglia di contadini, il Cannata ha trascorso la sua
infanzia e la sua prima adolescenza in un ambiente socio-culturale fortemente
depravato e violento: un ambiente in cui manifestare una certa sensibilità ed
ascolto nei confronti degli altri costituiva un buon motivo per essere additato
come "diverso" e fatto oggetto di insulti e violenze. La sua spiccata
sensibilità emotiva si manifestò già in tenera età, autoescludendosi dai giochi
infantili per rifugiarsi in mondi surreali in cui il piacere e l’amore per
l’astrazione si coniugava con un profondo sentimento di tristezza e di religioso
dolore per la caducità dell’essere impressa nei volti sofferenti e logorati di
donne, uomini e persino bambini: simboli eterni di una esistenza umana che
l’artiste trasmuta in immagini di volti sfigurati dall’angoscia e nondimeno
avvolti in una luce di ineffabile terribile dolcezza.
Malgrado la giovanissima
età (appena quattordicenne) Cannata fugge da Militello. Una misteriosa
inquietudine lo spinge a viaggiare, a fuggire. Si reca prima presso famigliari a
Torino, e successivamente ad Aosta e Milano. Non contento di tutto ciò si reca a
Parigi dove finalmente incontra l’arte ed all’arte egli consacra la sua vita.
Breve parentesi di lavoro in Svizzera, ritorno in Italia, questa volta a Roma,
con il preciso intento di iscriversi nella “Scuola d’Arte Comunale”. Nonostante
gravi difficoltà economiche (vive d’espedienti non avendo un lavoro fisso),
riesce a frequentare i corsi. Ma la sua libertà espressiva non soggetta a nessun
modulo estetico canonizzato e già allora critica di ogni paradigma di potere,
disciplina e controllo culturale, gli procura non poche ostilità da parte
dell’ambiente accademico. Pochi anni di frequenza e decide di lasciare
definitivamente la scuola. Si dedica anima e corpo alla pittura, spendendo i
pochi soldi che raccatta per comprare tele e colori e vivendo,
contemporaneamente, lo “spirito sessantottino” delle avanguardie artistiche e
letterarie della capitale. Tale attività frenetica finisce per incidere
negativamente alla sua salute psico-fisica: per cui è costretto, suo malgrado, a
far ritorno a Militello. Qui appartato, continua il suo viaggio artistico:
ricerca di nuovi linguaggi per aprire nuovi infiniti sensi di essere e di
esistere in cui riconoscerci come uomini partecipi di una verità che ci
trascende.
Nino Cannata nel corso
della sua lunga ed eccellente carriera artistica, ha esposto le sue opere in
mostre personali e collettive in molti centri italiani ed europei, così come è
possibile ammirare i suoi lavori in molti musei, gallerie e pinacoteche
italiane.
(A
cura di N. Ciancio)
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