Fu protagonista e vittima di un fatto di sangue, che segnò il passaggio del potere locale dal Barone Salvatore Majorana Cocuzzella al Senatore Salvatore Majorana Calatabiano. L'episodio avvenne durante i festeggiamenti mariani dell'otto settembre, quando il Laganà Campisi ed i suoi amici (liberali e partigiani della parrocchia di Santa Maria della Stella, detti pure i comici, o i cavallacci) sbeffeggiarono il Barone Majorana Cocuzzella (ch'era il sindaco e sulla città deteneva un potere quasi assoluto, oltre ad essere fervente sostenitore della parrocchia avversa, San Nicolò-SS. Salvatore). I detti comici, infatti, passando sotto il balcone del Majorana Cocuzzella con la statua della Santa in spalla, anziché fermarsi a raccogliere l'offerta, accelerarono il passo tra i fischi ed i lazzi rivolti al Barone. Fu detto che, facendo così, essi avevano contestato l'inchinata, una sorta di omaggio feudale, per cui i fedeli in processione usavano fermarsi ed inchinarsi davanti al balcone del Signore della città. In verità, tale barbara abitudine era già stata abolita dallo stesso Sindaco Majorana Cocuzzella. Purtroppo, qualche ora dopo, la provocazione ebbe la conseguenza di un tafferuglio fra le due fazioni vicino al casino dei nobili e lì il Laganà Campisi rimase ucciso a coltellate. Nel processo che ne seguì il Barone Majorana Cocuzzella, accusato dell'omicidio, anche se fu assolto in Corte d'Assise, ebbe distrutta la carriera politica e chi ne trasse giovamento fu l'emergente Salvatore Majorana Calatabiano, l'uomo che la madre dell'ucciso aveva sposato in seconde nozze.

Per volontà testamentaria di Francesco Laganà Campisi, le sue sostanze servirono per la fondazione di un'asilo infantile.

(A cura di S.P. Garufi)

 

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