
Vissuto nel Novecento,
pretendeva forse di affermare il suo diritto ad essere ciò che voleva essere,
contro ogni logica ed ogni convenzione del mondo. Coerente senza cedimenti, per
anni ha interpretato con esemplare serietà il suo ruolo alternativo alla Chiesa
ufficiale.
Bambino, vide il suo ideale
nel prete e, se nessun titolo ed una sorte iellata di emarginato gli avevano
impedito di esserlo, seppe fare a meno dei titoli e della sorte. Perciò,
superando gli scherni di grandi e piccini, unilateralmente si proclamo Vicario
di Dio. Tout autour de l'èglise, con la tacita sopportazione del clero
ufficiale, Peppino celebrava il suo personale calendario liturgico.
Parallelamente alle normali festività, senza pregiudizi campanilistici, sempre
più calvo e rotondo, con gli eterni calzoni corti a scoprire il suo cuore
bambino, egli portava in spalla per le vie del paese una piccola "vara" con
sopra il simulacro di un santo. Lo seguiva un codazzo festante di ragazzini,
pronti all'applauso sfottente ed allo scherzo da carogna. Me Peppino non se ne
curava: era troppo occupato a rifare con la bocca la musica della banda.
Camminava con passo
cadenzato e solenne, lo sguardo fermo dietro le sopracciglia cespugliose e, sul
capo, la corona nera dei pochi capelli, irti come spine, che gli erano rimasti.
Lo fermavano in tanti: «Peppino, cinquanta lire di bombe e di mascattaria!»,
«Peppino, cento lire di napoletane e di cassa infernale!». Peppino
accontentava tutti, con la pazienza di un bue. Faceva «bum!» e «tra-tra-tra!»
con la bocca, come nella pagina di un poeta futurista. Ultimamente si era
modernizzato: aveva comprato tric-trac e fulminanti e li aveva
sistemati, pronti ad essere sparati, sul davanti della piccola "vara" (che, fra
l'altro, aveva piazzato sopra una specie di carrozzella). Un po' di poesia s'era
perduta, come sempre quando avanza il progresso.
(A
cura di S.P. Garufi)
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