(la vera storia della questione religiosa di Mortarello)

di Nicolino Stellario

XII

(lunedì 18 settembre 2006)

Il sogno del museo, per quanto modesto, stentava a realizzarsi, per cui i nicolini dovettero industriarsi in altro modo. E in attesa dei fantomatici contributi economici promessi dall'Ente Sviluppo Agricolo e Industriale della Provincia di Casablanca, si rimboccarono le maniche ed incominciarono a lavorare in quell'antro destinato a gloria imperitura. Furono necessari anni di sangue, sudore e lacrime. Circa 15 giorni, per la precisione! Il museo della parolaccia nicolina era alfine nato, con grave scorno dei rivali, che già meditavano la feroce e sollecita rivincita.

Le sale del museo ospitavano il più ampio florilegio di epiteti, bestemmie, ingiurie, improperii, parolacce, scongiuri, minacce, lettere diffamatorie, incorniciati ed esposti con lettere di fuoco nelle bianche pareti delle stanze. Dell'autore della frase o dello scritto venivano sempre indicati doviziosamente le generalità, il mestiere, l'età e l'eventuale titolo, inoltre erano di importanza basilare la data e l'ora del pronunciamento, al fine di fissare indelebilmente nel tempo il fulgido esempio di campanilismo religioso esposto all'ammirazione dei devoti. Un ridotto campionario delle espressioni più colorite basterà per tratteggiare la natura del materiale esposto, anche se, per non urtare la suscettibilità dei lettori più giovani, ci limiteremo a quelle meno… scandalose.

Per esempio, tale Nicola Scirè-Spinetta, di anni 55, garzone di fornaio, indirizzandosi al parroco della parrocchia rivale dice testualmente: «autu signuri cu ssa biunna testa, chidda di Santa Maria nun è 'na festa, a mia lu dissi un usignolu, ogni marianu è amaru citrolu» (18 agosto 1613, ore 20 e 40). Nel 1579, anno fatidico della breccia di Porta Pia, le cui conseguenze si ripercossero anche nel nostro piccolo centro, il fuochista don Totò Bombino, di anni 61, fece stampare della zagaredde colorate sparate a tutta forza verso il chianu di Santa Maria con la seguente frase: «cu nasci marianu nasci fitùsu» (6 agosto 1752, ore 17 e 18). Al che i mariani sembra abbiano risposto in questo modo: «niculinu strammàtu, t’haiu vistu e t’haiu cacàtu» (riferimento cronologico non pervenuto). Un’altra testimonianza si trova scritta su un frammento di papiro ritrovato presso il lago dei Palici, in territorio di Palagonia.

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