(la vera storia della questione religiosa di Mortarello)

di Nicolino Stellario

XV

(mercoledì 8 novembre 2006)

La vispa Teresa avea tra l’erbetta
a volo sorpresa gentil farfalletta.

Questa sibillina composizione fu trovata un giorno su una colonna della navata centrale della chiesa di Santa Maria. Vergata con una matita dal tratto molto accentuato, essa mal si accordava con il nitido biancore del marmo, su cui a malapena la pirite si era fissata. Subito furono avviate le indagini.

Chi era Teresa? Su quale erbetta si svolgeva l'azione? Quale personaggio si nascondeva dietro lo svolazzante e multicolore lepidottero? Ma gli investigatori brancolavano nel buio, nonostante fossero stati accesi tutti i lampadari (volgarmente “ninfe”) dell’insigne tempio. Qualcuno ipotizzò che Teresa non fosse affatto una rappresentante del gentil sesso, ma il sagrestano Pippo Candelotto, soprannominato “stoppino”, che per tale motivo fu sottoposto dagli inquirenti ad un incessante interrogatorio. Assodata l’estraneità del sagrestano, apparve palese che la gentil farfalletta non poteva essere altri che la perpetua Rosina Frascatulara, meglio nota come “papuzza”, la cui illibatezza era divenuta quasi mitica nel riservato contesto della parrocchia mariana. Adesso che l’onorabilità della donnetta era stata messa in discussione da tanta ardita supposizione, bisognava riparare allo scempio.

Durante la processione della Madonna, la povera donna, ormai settantenne, dovette essere sottoposta alla rituale offerta al simulacro della patrona nel rispetto delle consuetudini più radicali, vale a dire esibendo i cascami del suo corpo ignudo alla vista dei concittadini urlanti sotto la vara. Uno spettacolo orripilante che non mancò di stimolare i vomitevoli stimoli di molti bambini in braccio ai loro genitori, con la conseguente cascata di liquidi, sulle teste assiepate, facilmente immaginabili.

Della cosa fu subitaneamente informata la locale sezione del WWF che, vista la natura ferina della donna, le cui peculiarità umane non erano mai state accertate compiutamente, si prodigò per restituire dignità alla… cosa (la Papuzza, naturalmente!). L’accaduto, incredibile ma vero, aveva contribuito a dare maggiore risalto alla festività, e questo i nicolini non potevano tollerarlo. L’anno successivo, la cerimonia della “spugghiata”, opportunamente preparata fra il popolino con un martellante tam tam nelle settimane precedenti l’evento, restituì alla fazione del SS. Salvatore la dignità provvisoriamente perduta.

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